A valle dei tragici eventi della notte del 14 luglio scorso a Nizza, come spesso accade, l’industria assicurativa è tornata a ragionare sul ruolo da giocare in un panorama economico e politico sempre più instabile. Da un report di JLT è emerso che il mercato sta rispondendo solo in parte alle esigenze dei suoi clienti, sia in termini economici che di adeguatezza delle coperture. Per portare un esempio, gli attacchi a Parigi del novembre 2015 hanno causato danni stimati tra i 9 e i 12 miliardi di dollari, ma solo una minima parte sarà garantita dagli assicuratori.

Purtroppo, infatti, non è semplice muoversi su un terreno così accidentato, nel quale le modalità operative dei terroristi sono altamente complesse da decifrare. Dagli automezzi carichi di esplosivo degli anni ’90 si è passati ad attacchi in spazi aperti con il chiaro obiettivo di colpire il maggior numero di vittime possibile.

Facendo un breve excursus storico, dal 2011 c’è stata un’impennata dei casi di terrorismo nel mondo. Con ripercussioni dirette sui costi sostenuti dagli assicuratori e dai riassicuratori, tanto che i risarcimenti complessivi per tutto l’anno 2014 hanno superato quelli del 2001, anno caratterizzato dal solo evento dell’11 settembre.

Come ridisegnare le coperture, quindi, per coprire al meglio i danni subiti dagli assicurati? Tradizionalmente, l’obiettivo delle polizze era risarcire danni, sì catastrofali, ma del ramo property. Attualmente, invece, si stanno verificando eventi che coinvolgono sempre più vite umane. Bisogna inoltre considerare attentamente tutti i rischi legati alla business interruption conseguente ad attacchi terroristici. Si pensi alle bombe durante la maratona di Boston del 2014: la città rimase paralizzata per più di tre giorni, con pesanti conseguenze sull’economia delle aziende coinvolte dall’evento, anche indirettamente.

La soluzione che emerge dal documento di JLT sarebbe quella di una completa rivisitazione dei pacchetti assicurativi, con l’obiettivo di coprire un’ampia gamma di rischi legati al terrorismo: una sorta di all risks per comprendere danni materiali e diretti, danni chimici, biologici, da radiazioni, danni da interruzione d’attività, danni alle infrastrutture tecnologiche (vedasi cyber crime), danni cosiddetti reputazionali; e infine i danni alle persone.

Purtroppo siamo ancora lontani da soluzioni del genere, ma il mercato si sta muovendo, per lo meno, verso la definizione di coperture che possano fungere da elementi complementari a quanto già offerto. O ancora, venendo incontro alle esigenze specifiche dei clienti con coperture più ampie (e più semplici) di quelle standard.

Per soluzioni di maggior impatto, però, sarà sicuramente necessaria la collaborazione tra le compagnie di mercato e i pool di riassicurazione: le prime dovranno offrire prodotti compatibili con i rischi “moderni”, i secondi entrare in campo nei momenti nei quali le catastrofi portate dal terrorismo rischiano di colpire in modo sistemico l’industria assicurativa.

Matteo Cominelli

 

Articolo pubblicato in originale su http://www.insurancetrade.it/insurance/contenuti/blog/5952/l-evoluzione-del-rischio-terrorismo